Alimentazione

CARENZA DI VITAMINA D: CAUSE, CONSEGUENZE E RIMEDI

Osteoporosi
Rachitismo
D
Carenza
Osteomalacia
Vitamina
Ipovitaminosi
Giorgio Sciarra

08/05/2023

1. Che cos’è la vitamina D e a cosa serve?

2. Quali sono i valori ottimali di vitamina D?

3. Quali sono le cause dell’ipovitaminosi D?

4. Quali sono le conseguenze dell’ipovitaminosi D?

5. Come si aumentano i livelli di vitamina D?


1. Che cos’è la vitamina D e a cosa serve?

Con il termine “vitamina D” si fa riferimento ad un gruppo di vitamine liposolubili che svolgono diverse funzioni fisiologiche, tra cui regolare l'omeostasi e il metabolismo del calcio e del fosfato, favorendo la crescita fisiologica dello scheletro e la corretta mineralizzazione ossea.

La vitamina D in parte viene prodotta a livello della cute, tramite una reazione che richiede l’esposizione alla luce solare, ed in parte viene assunta con gli alimenti.


2. Quali sono i valori ottimali di vitamina D?

I livelli sierici di vitamina D variano molto in base a diverse variabili, le più importanti sono:

  • Età
  • Stagione meteorologica
  • Latitudine
  • Grado di esposizione alla luce solare
  • Fototipo
  • Indice di massa corporea (IMC).

Non esistono valori di livelli sierici di vitamina D ottimali, che siano validi per tutti: questi valori variano in base a diversi fattori, primo tra tutti l’eventuale presenza di osteoporosi o altre malattie metaboliche dell’osso e l’eventuale terapia con farmaci antifratturativi.

Di certo, valori di vitamina D <10 ng/mL rappresentano una condizione di grave carenza: se protratti nel tempo, portano a rachitismo e osteomalacia. Inoltre valori sierici <20 ng/mL si associano ad un aumento del rischio di frattura ossea. In particolare, secondo la Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS), il livello di vitamina D nell’organismo viene definito:

  • Deficiente: per livelli di vitamina D < 10 ng/mL
  • Insufficiente: per livelli di vitamina D < 20 ng/mL
  • Ottimale: per livelli di vitamina D compresi tra 20-50 ng/mL.

Invece nei pazienti con osteoporosi - specialmente se trattati con farmaci antiosteoporotici - e nei soggetti a rischio di ipovitaminosi D viene considerato ottimale un valore di 30 ng/mL.

I soggetti a rischio di ipovitaminosi D sono:

  • Anziani (≥ 75 anni)
  • Soggetti istituzionalizzati (pazienti ricoverati in strutture di assistenza) e che abbiano un’esposizione solare inadeguata
  • Obesi
  • Donne in gravidanza o durante l’allattamento
  • Soggetti affetti da malattie metaboliche delle ossa e da altri disturbi dello scheletro
  • Soggetti che seguono una dieta vegana
  • Soggetti affetti da anoressia nervosa
  • Soggetti affetti da insufficienza renale cronica
  • Soggetti affetti da cancro (in particolare della mammella, della prostata e del colon)
  • Soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2
  • Soggetti affetti da malassorbimento intestinale e chirurgia bariatrica
  • Soggetti che assumono farmaci che interferiscono con l’assorbimento o il metabolismo epatico della vitamina D (antiepilettici, glucocorticoidi, antivirali, agenti antimicotici, colestiramina)
  • Soggetti affetti da fibrosi cistica

L’ipovitaminosi D è estremamente diffusa: si stima addirittura che circa 1 miliardo di persone in tutto il mondo presentino questa condizione. La gran parte di loro sono persone anziane.


3. Quali sono le cause dell’ipovitaminosi D?

Le principali condizioni che portano a livelli non adeguati di vitamina D nel nostro organismo sono:

  • Ridotto introito di alimenti con vitamina D: i principali alimenti contenenti vitamina D sono il latte e i suoi derivati, ma anche il pesce e le uova. Spesso però l’alimentazione non riesce a garantire il giusto introito di vitamina D
  • Alterato assorbimento intestinale di vitamina D: frequente negli alcolisti, nei soggetti sottoposti a by-pass gastrico e nei soggetti affetti da celiachia e malattia di Crohn
  • Inadeguata esposizione solare: parte della vitamina D viene ottenuta a livello della cute grazie all’esposizione solare, di conseguenza i soggetti che si espongono poco alla luce solare tendono ad avere livelli più bassi di vitamina D
  • Insufficienza renale o epatica: il rene e il fegato sono gli organi nei quali avviene la conversione dei precursori della vitamina D, quindi se è presente nell’organismo una compromissione della funzionalità di questi organi anche i livelli di vitamina D risulteranno ridotti
  • Assunzione di farmaci che interferiscono con il metabolismo della vitamina D: i più comuni sono antiepilettici, glucocorticoidi, antivirali, agenti antimicotici e la colestiramina
  • Obesità: la vitamina D è una proteina liposolubile. Da ciò deriva il fatto che il tessuto adiposo può sequestrare questa vitamina e ridurne la biodisponibilità.


4. Quali sono le conseguenze dell’ipovitaminosi D?

I livelli sierici di vitamina D non ottimali possono generare una serie di conseguenze che interessano diversi apparati o sistemi del nostro organismo. Le principali sono:

  • Disturbi muscoloscheletrici: bassi livelli di vitamina D possono portare allo sviluppo di rachitismo durante l’infanzia, oppure di osteoporosi e osteomalacia durante l’età adulta, comportando l’aumento del rischio di subire fratture
  • Patologie cardiovascolari: anche se non è ancora chiaro il meccanismo che lega i due fenomeni, livelli ridotti di vitamina D sembrano associarsi ad un aumento di malattie cardiovascolari
  • Patologie oncologiche: alcune ricerche hanno suggerito una relazione tra carenza di vitamina D e aumento del rischio di alcune forme di cancro, come quello del colon-retto
  • Disturbi psichiatrici: alcuni studi hanno suggerito una relazione tra carenza di vitamina D e i disturbi d’ansia e depressione, anche se i meccanismi che regolano questa relazione non sono stati ancora completamente compresi.


5. Come si aumentano i livelli di vitamina D?

Per normalizzare i livelli di vitamina D, si possono utilizzare diverse strategie in base alla causa della carenza stessa:

  • Aumentare l’esposizione solare: se non controindicato e se lo condizioni socio-sanitarie lo permettono, esporsi al sole per circa 30 minuti al giorno - evitando le ore più calde e utilizzando un’adeguata protezione solare - può aumentare i livelli di vitamina D
  • Aumentare l’introito alimentare: consumare cibi ricchi di vitamina D può rappresentare una soluzione alla carenza di vitamina D, ma ovviamente non potrà essere efficace in condizioni di malassorbimento o di insufficienza renale/epatica
  • Usare gli integratori: gli integratori di vitamina D disponibili sul mercato sono numerosi e variano per molecola utilizzata (colecalciferolo, calcifediolo o calcitriolo) e per concentrazione. Qualsiasi integratore si scelga, essendo la vitamina D liposolubile, per massimizzarne l’assorbimento bisogna assumere l’integratore alla fine del pasto più ricco di grassi. Per quanto riguarda il dosaggio, la Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) consiglia una dose di integrazione per via orale di colecalciferolo tra 800 UI e 2000 UI/die. In soggetti obesi la posologia del colecalciferolo dovrebbe essere aumentata di circa il 30% rispetto alla dose utilizzata in individui con indice di massa corporea normale. In soggetti che necessitano di una rapida normalizzazione dei livelli di vitamina D (osteomalacia sintomatica o in chi deve iniziare acido zoledronico o denosumab) è consigliato l’uso di una dose iniziale di carico seguita da dose di mantenimento: come dose di carico, è consigliato colecalciferolo 3.000-10.000 UI/die per 1-2 mesi, o colecalciferolo in una singola dose da 60.000 a 150.000 UI seguita dalla dose di mantenimento (2000 UI/die), oppure calcifediolo 20-40 mcg/ die (4-8 gtt/die) per 20-30 giorni, prima di passare alla dose di mantenimento con colecalciferolo.


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