1. Che cos’è l’epilessia?
2. Come si tratta?
3. Classificazione degli antiepilettici
4. Come scegliere l’antiepilettico più adatto?
5. Quali sono le reazioni avverse alla terapia con antiepilettici?
6. Quali sono le interazioni farmacologiche più comuni?
1. Che cos’è l’epilessia?
L'epilessia è una condizione neurologica cronica caratterizzata da una predisposizione del cervello a generare crisi epilettiche ricorrenti. Le crisi epilettiche sono episodi di attività neuronale abnorme e parossistica, che possono provocare sintomi variabili come convulsioni, perdita di coscienza, movimenti involontari, sensazioni strane o alterazioni cognitive.
Le crisi epilettiche possono essere determinate da diverse cause, tra cui lesioni cerebrali, traumi cranici, infezioni del sistema nervoso centrale, anomalie genetiche, disturbi dello sviluppo cerebrale, tumori, ictus, disturbi metabolici o squilibri chimici nel cervello. Molto spesso, tuttavia, la causa specifica dell'epilessia può rimanere sconosciuta.
L'epilessia può manifestarsi in persone di tutte le età. Alcune persone possono sperimentare solo occasionali crisi epilettiche, che possono essere controllate mediante trattamenti appropriati, mentre altre persone possono avere crisi più frequenti e intense che richiedono un'attenzione e un trattamento più approfonditi. Pertanto l'impatto dell'epilessia può variare da individuo a individuo e può influire sulla salute fisica, emotiva, cognitiva e sociale.
2. Come si tratta l' epilessia?
Il trattamento dell'epilessia si basa principalmente sull'uso di farmaci antiepilettici, che mirano a ridurre la frequenza e l'intensità delle crisi epilettiche. Nel 70% dei casi i soggetti rispondono bene ad una monoterapia, tuttavia esistono forme di epilessia farmaco-resistenti (20-30%) in cui devono essere utilizzati più farmaci in combinazione con meccanismi e bersaglio diversi. In alcuni casi può essere necessario ricorrere a terapie complementari, come la chirurgia cerebrale con ablazione del focus epilettogeno o la stimolazione del nervo vago.
L’attivazione neuronale dipende soprattutto dalle correnti ioniche che modificano l’eccitabilità grazie alla presenza di canali specifici sulla superficie dei neuroni: pertanto, gli antiepilettici sfruttano diversi meccanismi che includono la modulazione dei canali ionici, l'aumento dell'inibizione sinaptica, la riduzione dell'eccitabilità neuronale e l'inibizione delle correnti di sodio.
3. Classificazione degli antiepilettici
Gli antiepilettici possono essere classificati in diverse categorie in base all’epoca di produzione e commercializzazione, oppure al loro meccanismo d'azione e alle caratteristiche chimiche. Tra i farmaci di vecchia generazione i più usati sono la carbamazepina e l’acido valproico, ben tollerati e ad ampio spettro, mentre la fenitoina e il fenobarbital sono meno utilizzati per l’alto rischio di reazioni avverse.
Tra i farmaci di nuova generazione i più utilizzati sono lamotrigina, topiramato, oxcarbazepina, levetiracetam e lacosamide.
Sulla base dei meccanismi d’azione distinguiamo invece:
- Inibitori dei canali del sodio: questa classe di farmaci agisce inibendo all’interno del cervello i canali del sodio definiti “voltaggio dipendenti”, riducendo così l'eccitabilità neuronale. Gli esempi includono fenitoina, carbamazepina, oxcarbazepina, lamotrigina e lacosamide
- Inibitori dei canali del calcio: questi farmaci bloccano i canali del calcio definiti “voltaggio dipendenti”, impedendo l'ingresso del calcio nelle cellule cerebrali e riducendo così l'eccitabilità neuronale. Esempi di antiepilettici di questa classe sono l'etosuccimide, il gabapentin e il pregabalin
- Agonisti dei recettori GABA (acido gamma-aminobutirrico): il GABA è un neurotrasmettitore inibitorio che riduce l'attività neuronale nel cervello. Gli agonisti dei recettori GABA aumentano l'effetto del GABA, promuovendo l'inibizione sinaptica. Esempi di antiepilettici di questa classe includono il diazepam, il clonazepam e il gabapentinoidi come il pregabalin
- Inibitori del trasportatore della GABA: questi farmaci agiscono inibendo il trasportatore della GABA, aumentando così la concentrazione di GABA nel cervello e potenziando l'effetto inibitorio. L'esempio più comune di antiepilettico di questa classe è la tiagabina
- Inibitori dei recettori del glutammato: il glutammato è un neurotrasmettitore eccitatorio che può contribuire alla generazione delle crisi epilettiche. Gli inibitori dei recettori del glutammato riducono l'eccitabilità neuronale, un esempio di farmaco di questa classe è il topiramato
- Altri meccanismi d'azione: alcuni antiepilettici hanno meccanismi d'azione che non rientrano nelle categorie sopra menzionate. Ad esempio, il vigabatrin agisce inibendo l'enzima GABA-transaminasi, che degrada il GABA, aumentando così la sua concentrazione nel cervello. Oppure il levetiracetam si ritiene che agisca attraverso l'interazione con una proteina chiamata SV2A (sinaptotagmina delle vescicole sinaptiche), coinvolta nel rilascio dei neurotrasmettitori.
L’utilizzo degli antiepilettici non è limitato all’epilessia: questi farmaci sono indicati anche per il trattamento dei disturbi bipolari, al fine di ottenere la stabilizzazione del tono dell’umore, e in forme di depressione difficilmente trattabili con monoterapia, grazie alla loro capacità di stabilizzare l’attività neuronale.
4. Come scegliere l’antiepilettico più adatto?
La scelta dell'antiepilettico adeguato dipende da diversi fattori, tra cui la gravità delle crisi epilettiche, l'età del paziente, le condizioni di salute complessive e la presenza di eventuali altre patologie o farmaci in uso. La decisione viene presa dal neurologo, che valuta attentamente questi fattori per trovare il trattamento più appropriato per il singolo paziente. Fondamentale è identificare il tipo di epilessia. Ogni tipo di epilessia può richiedere infatti un approccio terapeutico specifico: alcuni antiepilettici sono più efficaci nelle epilessie parziali (carbamazepina, oxcarbazepina), altri in quelle generalizzate (acido valproico).
5. Quali sono le reazioni avverse alla terapia con antiepilettici?
Gli effetti avversi determinati dagli antiepilettici dipendono principalmente dal loro meccanismo d’azione: deprimendo l’eccitabilità neuronale, possono interferire sulle normali attivazioni quotidiane. Di conseguenza i pazienti possono lamentare sonnolenza, affaticamento, vertigini, atassia, deficit cognitivi e disturbi comportamentali. Ogni singolo farmaco può generare reazioni avverse:
- Acido valproico: alopecia, tossicità epatica, aumento di peso e pancreatite
- Carbamazepina, oxcarbazepina e lamotrigina: rash cutaneo fino alla sindrome di Steven Johnson, epatopatia, piastrinopenia, linfoadenopatia e iposodiemia
- Fenobarbital: artropatie, disturbi del metabolismo osseo e deficit cognitivi nel bambino
- Fenitoina: iperplasie gengivali e discrasie ematiche (anemia, neutropenia, piastrinopenia)
- Topiramato: nefrolitiasi e disturbi metabolici
- Levetiracetam: alterazioni del tono dell’umore.
Inoltre i farmaci di vecchia generazione (valproato, fenitoina e fenobarbital) sono considerati a rischio teratogeno, ovvero possono causare anomalie congenite nello sviluppo fetale durante la gravidanza. In particolare, questi farmaci possono essere associati a un rischio aumentato di difetti del tubo neurale, malformazioni cranio-facciali, difetti cardiaci e altri problemi congeniti.
6. Quali sono le interazioni farmacologiche più comuni?
I farmaci antiepilettici interagiscono con diversi altri farmaci, influenzando i loro effetti o aumentando il rischio di reazioni avverse, a causa del loro importante effetto induttivo sulle vie del metabolismo epatico.
Le interazioni più comuni si hanno con i seguenti farmaci:
- Contraccettivi orali: alcuni antiepilettici come la fenitoina, il fenobarbital e la carbamazepina, possono ridurre fino a vanificare l'efficacia dei contraccettivi orali
- Anticoagulanti: gli antiepilettici possono influenzare l’attività dei dicumarolici come il warfarin, aumentando il rischio di sanguinamento
- Antidepressivi: in questo caso possono essere amplificati gli effetti collaterali degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), aumentando la sedazione o il rischio di sanguinamento
In conclusione gli antiepilettici sono diventati un elemento essenziale nel trattamento dell'epilessia, fornendo un valido supporto nella profilassi delle crisi epilettiche, pur non agendo all’origine della causa scatenante.
È importante sottolineare che ogni paziente è un individuo unico e richiede un trattamento personalizzato, pertanto tutte le condizioni devono essere valutata dallo specialista neurologo. Gli sviluppi futuri nel campo degli antiepilettici potrebbero portare a nuove terapie più efficaci e meglio tollerate, offrendo la possibilità di incrementare la qualità della vita dei pazienti affetti da epilessia.