L'Esperto Risponde

ANEMIA E ALIMENTAZIONE

Beatrice Mosele

13/04/2023

Il ferro è un macroelemento (ovvero uno dei minerali presenti nell'organismo in quantità più elevate) molto importante per l’organismo.

Viene utilizzato dal nostro corpo per la produzione di emoglobina (la proteina dei globuli rossi responsabile del trasporto dell’ossigeno) e della mioglobina (la proteina contenuta nei muscoli). Il ferro partecipa anche all'attività di molti enzimi, e l'organismo ne ha bisogno per produrre alcuni ormoni e il tessuto connettivo.

Si assume tramite gli alimenti, e in condizioni normali, l’organismo utilizza circa il 60-80% della quota di ferro introdotta con l’alimentazione. Il ferro non utilizzato per la produzione di altre proteine è immagazzinato nei tessuti sotto forma di ferritina.


I valori normali di ferro

La quantità di ferro necessaria per il funzionamento dell’organismo varia da individuo a individuo e nelle fasi della vita. In un uomo sano sono considerati valori normali quelli compresi tra i 53 e i 167 microgrammi. Nelle donne senza particolari patologie, invece, il range va da 49 a 151.


Gli esami specifici per l’anemia

Per misurare la concentrazione di ferro nel sangue, l’esame da effettuare in laboratorio è la sideremia: è il test che serve a misurare la quantità di ferro legato alla transferrina nella componente liquida del sangue (siero). La transferrina è una proteina che ha la funzione di trasportare il ferro dall'intestino a tutte le cellule del corpo che lo utilizzano.

Un altro esame da utilizzare in abbinamento alla sideremia è il dosaggio della ferritina, che misura l’entità delle riserve di ferro nell’organismo ed è utile per valutare casi di sospetta anemia sideropenica (da carenza di ferro).


L’anemia

L’anemia da carenza di ferro è una condizione comune a una buona parte della popolazione, che la può sperimentare in diversi momenti della vita. Ne sono colpite specialmente le donne, ma può verificarsi spesso anche nell’età dell’accrescimento.

Anche se il nostro organismo è in grado di compensare modeste carenze di ferro, sotto una certa soglia questo non è possibile e compaiono i sintomi dell’anemia.

Tra i più caratteristici troviamo: pallore della pelle e delle mucose (ad esempio delle gengive), stanchezza cronica, affaticamento muscolare, dispnea da sforzo, tachicardia, abbattimento e inappetenza.

Il medico curante, dopo aver accertato l’anemia con esami di laboratorio specifici, ed escluso patologie ematologiche e forme post-emorragiche, dovrà risalire alle cause della carenza di ferro.

Le più comuni possono essere:

  • ridotta introduzione di ferro attraverso l’alimentazione
  • scarsa assimilazione a livello intestinale (per alterazioni della microflora, o intolleranze a glutine, lattosio e lieviti che vanno a incidere sulla capacità di assimilazione)
  • eccessiva perdita di sangue (mestruazioni abbondanti, emorroidi, gastriti, ulcere occulte, diverticolite)
  • aumentato fabbisogno (gravidanza, allattamento, a seguito di malattie debilitanti)


L’anemia nei bambini e nei neonati

Nei bambini, oltre ad un ridotto apporto con la dieta, una delle cause comuni di anemia si può ricondurre al clampaggio precoce del cordone ombelicale. Nel tempo, grazie a numerosi studi scientifici, questa pratica è stata sostituita con il clampaggio tardivo: vale a dire, al momento del parto il cordone non viene chiuso e tagliato finché il sangue continua a scorrere in esso (mediamente 1-3 minuti).

È stato dimostrato che il sangue del cordone può regalare al neonato importanti benefici, come migliore ossigenazione cerebrale, polmonare e renale, un aumento della pressione arteriosa media nelle prime ore di vita, una minore incidenza di anemia intorno ai 4 mesi e livelli di ferritinemia più elevati fino ai sei mesi di età.

Ciò vuol dire che un fisiologico clampaggio del cordone dopo tre minuti dalla nascita fa sì che il neonato allattato al seno (e non con latti di sintesi arricchiti) possa arrivare al momento dello svezzamento naturale a sei mesi di vita senza carenze di questo prezioso minerale.


L’alimentazione in caso di anemia

Dopo aver svolto le indagini cliniche necessarie per escludere determinate patologie che richiederebbero intervento medico, si può pensare a come compensare questa carenza attraverso un’alimentazione mirata.

Non è corretto pensare che solo alimenti di origine animale possano aiutare in caso di anemia. Anche i legumi e alcune varietà di verdura e frutta sono ricchi di ferro, ma con un’importante differenza.

Gli alimenti più ricchi di ferro hanno origine sia animale che vegetale. Il ferro di carne e pesce è detto “emoglobinico”, e viene assorbito facilmente dalla mucosa intestinale. Il ferro di origine vegetale (non emoglobinico), è contenuto nei legumi, nei cereali, nella verdura e nella frutta e verrà assorbito con maggiore difficoltà e lentezza, e per questo motivo ne andrà facilitata l’assimilazione con una serie di accorgimenti.


Come rendere il ferro più biodisponibile e migliorare l’assimilazione

A volte il problema non è tanto una carenza alimentare, quanto un’alimentazione che non aiuta l’assorbimento del ferro presente negli alimenti assunti quotidianamente. In caso di anemia o di aumentato fabbisogno, si possono mettere in atto una serie di accorgimenti per migliorarne l’assimilazione.

Ad esempio, alcuni micronutrienti ci aiutano a rendere più disponibile il ferro per il nostro organismo, mentre altri ne possono ostacolare l’assimilazione.

Vitamina C e acido citrico, entrambi contenuti negli agrumi, migliorano l’assimilazione del ferro. Utilizzare succo di limone per condire carne e pesce, o bere al pasto acqua acidulata con succo di limone, è un’ottima strategia per migliorare l’assimilazione del ferro.

La cisteina, aminoacido contenuto negli alimenti di origine animale, aiuta ad assimilare il ferro non emoglobinico dei vegetali. Per questo motivo è molto utile associare nello stesso pasto carne o pesce con una verdura ricca di ferro, in modo da massimizzare l’apporto di questo minerale.

Tra le verdure più ricche di ferro troviamo: radicchio, indivie belghe, cicoria, scarola, indivia riccia, spinaci crudi, sempre conditi con olio sale e limone.

Nel caso del radicchio, la preparazione ai ferri o alla piastra concentra il ferro per disidratazione: ottimo per risolvere una carenza, ma attenzione per chi ha problemi a livello del fegato. In questo caso meglio crudo o al forno, in modo che conservi almeno parte dell’acqua di vegetazione, che agevola il lavoro del fegato.

Anche il prezzemolo è una fonte naturale di ferro e aiuta, inoltre, a mantenere elevata l’acidità dello stomaco, altro elemento che facilita l’assorbimento di questo minerale. Un suggerimento utile è quello di utilizzarlo fresco e a crudo in abbondanza su carne e pesce.

Crudo o poco cotto (alla coque, all’occhio di bue), il tuorlo dell’uovo è ricco di ferro e vitamina B 12, vitamina A e acido folico, indispensabili per la cura delle anemie sideropeniche.

Anche la cottura in pentole di ferro può aiutare a integrare una carenza, perché l’alimento riceve piccole quantità di ferro dalla padella, per cotture rapide ripassate, trifolate e soffritti. Non per la frittura però: il contatto prolungato e la temperatura elevata potrebbero alterare le caratteristiche organolettiche dell’alimento, a causa di un’eccessiva liberazione di metallo da parte della padella.


Gli errori nutrizionali da non fare in caso di anemia

In caso di anemia, meglio evitare gli spuntini, e attenersi invece scrupolosamente ai pasti principali. L’assunzione di cibo due ore prima o dopo di questi, infatti, rende più difficile l’assimilazione del ferro.

Attenzione anche al calcio: associare ferro e calcio nello stesso pasto li rende meno assimilabili. Questi due micronutrienti, infatti, vengono elaborati in digestione dagli stessi enzimi in sede intestinale, e per questo se assunti in contemporanea entrano in concorrenza.

Inserire nella dieta con moderazione i cereali integrali e le fibre: un’alimentazione troppo ricca di questi alimenti può ridurre l’assorbimento di ferro a livello intestinale.

Bastano piccoli errori nutrizionali per ridurre molto l’assorbimento di ferro nel corso della giornata. Un esempio apparentemente “sano” ma sconsigliato in caso di anemia è una merenda che contenga crusca o cereali integrali, magari associati a thè o caffé o ancora latticini (ad esempio cereali e yogurt): questo tipo di merenda può ridurre drasticamente l’assorbimento del ferro.

Se impostata correttamente con l’aiuto di un nutrizionista specializzato, l’alimentazione può sostituire o ridurre la necessità della terapia farmacologica.


Commenti (3)

Maria Consiglia Lupoli

16/06/2023 05:17

Buongiorno dottoressa
È possibile assumere a pranzo la vitamina D e il ferro? Soffro di anemia e osteoporosi. Grazie.

"La vitamina D si assorbe meglio se utilizzata con i pasti, essendo liposolubile il consiglio è appunto abbinarla ad un alimento o a un pasto che contenga grassi buoni.
Per alcune formulazioni, ad esempio le gocce, non è necessario in quanto la vitamina è già disciolta nell'olio.
Il ferro si consiglia di assumerlo con alimenti che aiutano l'assorbimento, o comunque dopo il pasto per diminuire i fastidi a livello gastrointestinale.
Non ci sono studi documentati su interazioni fra vitamina D e ferro. Invece è sconsigliato assumere calcio e ferro in contemporanea, in quanto l'uno rallenta l'assorbimento dell'altro a livello intestinale".

Renato

15/06/2023 14:01

Sono affetto anemia eritroide..trasfondo ogni 15 gg...mi hanno sempre detto che il mangiare non influisce sulla malattia...mi potete aiutare. Grazie

"L'alimentazione è sempre di supporto, sia sull'assunzione di ferro attraverso gli alimenti sia sull'assorbimento. Ovviamente in alcuni casi è necessaria un'integrazione, sempre seguendo il consiglio medico, ma senza trascurare il lato nutrizionale".

Laura

14/06/2023 18:10

Buongiorno, in caso di integrazione con solfato ferroso (prescritto dal medico per valori di emoglobina e ferritina leggermente inferiore ai valori di riferimento per 40 gg) è comunque utile l’attenzione all’alimentazione? Grazie per l’attenzione
Laura Corti

"In caso di valori di emoglobina e ferritina bassi che abbiano richiesto da parte del medico curante il ricorso a un integratore, è comunque molto utile curare l'alimentazione.
Suggerisco però prima di tutto di andare alle radici del problema, cercando di capire la causa dei valori bassi, per tentare di risolvere.
In caso contrario si potrà intanto affiancare all'integrazione un percorso alimentare mirato, e poi, alla fine del primo ciclo, valutare con il proprio medico curante se sia sufficiente proseguire con l'alimentazione mirata per ridurre o eliminare del tutto la necessità di integrare.
Nell'alimentazione è importante che singoli cibi e loro associazioni siano mirati non solo a massimizzare l'apporto di ferro, ma anche ad aiutarne l'assorbimento, come proposto nell'articolo (utilissimi i vegetali ricchi di vitamina C).
È necessario inoltre evitare quelle associazioni che invece possono rallentare l'assorbimento: ad esempio gli abbinamenti tra alimenti ricchi di calcio e quelli ricchi di ferro, oppure un'alimentazione troppo ricca di fibre e cereali integrali"

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