In quasi quindici anni di lavoro nel campo della nutrizione, ho visto alternarsi moltissime mode alimentari, supportate o meno da evidenze scientifiche. Trovo fondamentale l’aggiornamento continuo, ma anche procedere con cautela di fronte a “scoperte miracolose” che poi spesso non reggono a una review scientifica più approfondita.
Ultimamente nella pratica quotidiana mi sono avvicinata al digiuno intermittente, che in alcuni casi si sta dimostrano utile per i pazienti che seguo. Una domanda che mi viene spesso rivolta è: ma non è la stessa cosa che saltare i pasti? Chi segue questa rubrica e il sito del progetto PCare, infatti, avrà visto come sconsigliamo la pratica di saltare i pasti, sia come abitudine dettata dalla fretta, sia come tentativo di controllo calorico o di “recupero” dopo pasti più abbondanti.
Saltare i pasti e il digiuno intermittente sono due pratiche legate alla gestione dell'assunzione di cibo, ma differiscono significativamente nella loro struttura, scopo e impatto sulla salute.
Saltare i pasti
Saltare i pasti significa non mangiare durante uno dei pasti principali della giornata (colazione, pranzo o cena). Ciò può avvenire per vari motivi, come mancanza di tempo, perdita di appetito, stress, tentativi di riduzione calorica o di recupero dopo pasti eccessivi.
Digiuno intermittente
Il digiuno intermittente è un sistema alimentare che alterna periodi di digiuno a periodi di alimentazione, sulla base di diversi modelli che alternano le ore di digiuno alle “finestre” in cui si può assumere cibo. Non comporta necessariamente una restrizione calorica, ma modifica gli orari di assunzione degli alimenti.
Gli effetti del saltare i pasti
Quando si salta un pasto, si elimina letteralmente uno dei pasti della giornata: si perde quindi una parte del fabbisogno di micro e macronutrienti necessari al funzionamento dell’organismo. Oppure si tende a ipercompensare nel pasto successivo, con conseguenze sull’accumulo di peso, sulla digestione e sulla salute in generale.
Quando non si mangia con regolarità nell'arco della giornata, si verifica un calo della glicemia, o glucosio, il principale zucchero presente nel sangue. Un calo di zuccheri nel sangue può farvi sentire stanchi, storditi, e con difficoltà di concentrazione, perché il cervello non ha il carburante necessario.
Ci sono anche effetti sul metabolismo, a lungo termine. Il cervello invita il corpo a rallentare le funzioni per conservare energia e bruciare meno calorie. Di conseguenza, la perdita di peso che può inizialmente verificarsi saltando i pasti, ben presto si arresta e probabilmente si inverte non appena si ricomincia a mangiare normalmente.
Un altro effetto del saltare i pasti come abitudine riguarda gli ormoni che regolano l’appetito. Ignorando i segnali di fame, si alterano diversi ormoni tra cui insulina, leptina, cortisolo e grelina. La fame fa parte di un circuito di feedback negativo, il che significa che l'unico modo per diminuire la sensazione di fame è mangiare. Se continuate a saltare i pasti, il vostro corpo produrrà sempre più grelina (ormone che stimola l’appetito). Inoltre produrrà meno leptina, l'ormone che riduce l'appetito, rendendo più difficile capire quando si è già sazi: ciò può portare a mangiare troppo o ad abbuffarsi nei pasti successivi.
In sostanza, saltare i pasti può portare a squilibri nutrizionali se diventa un'abitudine, poiché potrebbe risultare difficile ottenere tutti i nutrienti necessari. Inoltre, può causare cali di energia, difficoltà di concentrazione e un aumento della fame che potrebbe portare a eccessi alimentari nei pasti successivi. Può influire inoltre negativamente sul metabolismo, soprattutto se saltare i pasti diventa una pratica cronica.
Il digiuno intermittente e i suoi effetti
A differenza del saltare i pasti il digiuno intermittente segue uno schema ben specifico e strutturato, da adattare alla singola persona, alle sue abitudini ed esigenze nutrizionali, al suo stile di vita. È importante ricordare che il digiuno intermittente non è adatto a tutti. Prima di iniziare, è essenziale consultare un professionista qualificato che possa guidarvi in modo sicuro, evitando errori comuni che potrebbero portare a risultati controproducenti come l’aumentata sensazione di fame e la conseguente frustrazione.
Il digiuno intermittente nella formula 16:8 (16 ore di digiuno e una finestra di 8 ore per assumere alimenti) può essere utilizzato in modo mirato e sotto controllo specialistico con lo scopo di una perdita di peso, di una stabilizzazione glicemica e ormonale, o per ottenere effetti antinfiammatori. Questa formula ha il vantaggio di essere praticabile anche per periodi più lunghi, e di non compromettere la socialità.
Nell’esperienza PCare, abbiamo sperimentato le regole del digiuno intermittente, abbinandole ai principi della nutrizione funzionale, per adattarci ad esigenze specifiche di alcuni nostri pazienti. Ribadiamo infatti che seguire il digiuno intermittente ma senza una pianificazione alimentare può portare a carenze nutrizionali, sovralimentazione nella finestra “libera” e quindi sul lungo periodo a squilibri ed effetti opposti rispetto a quelli che si volevano ottenere (primo fra tutti l’aumento di peso)
Abbinando il digiuno intermittente a un’alimentazione funzionale seguita da uno specialista, si possono ottenere buoni risultati. Studi recenti suggeriscono che il digiuno intermittente può avere benefici sulla salute metabolica, migliorare la sensibilità all'insulina, aiutare nella perdita di peso e ridurre il rischio di malattie croniche. Tuttavia, è fondamentale seguire un'alimentazione equilibrata e personalizzata durante i periodi di alimentazione.
In sintesi, mentre saltare i pasti è spesso casuale e non pianificato, il digiuno intermittente è un approccio deliberato e programmato che, se seguito correttamente, può avere benefici per la salute.
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