Medicina

INSUFFICIENZA VENOSA E FRAGILITA’ CAPILLARE

circolazione
capillari
vene
vasculopatia
Sangue
Giorgio Sciarra

30/06/2023

1. La circolazione venosa e le sue proprietà
2. Che cosa si intende per insufficienza venosa?
3. Qual è il trattamento dell’insufficienza venosa?
4. Che cosa si intende per fragilità capillare?
5. Cosa fare in caso di fragilità capillare?


1. La circolazione venosa e le sue proprietà

Le vene sono i vasi sanguigni che hanno la funzione di riportare il sangue dalla periferia al cuore, in maniera centripeta. Rispetto alle arterie, le vene sono più numerose, hanno pareti più sottili e meno elastiche, sono più depressibili e dilatabili e presentano un valore pressorio inferiore.

Le vene localizzate in sede sopradiaframmatica sfruttano la forza di gravità e la propulsione parietale per garantire al sangue di arrivare al cuore. Diverso è il caso delle vene localizzate in sede sottodiaframmatica e alle estremità, che sono costrette a trasportare il sangue contro gravità. Tutto ciò può avvenire grazie alla presenza delle fibre muscolari lisce nella parete del vaso, alla contrazione dei muscoli scheletrici adiacenti e alla presenza di valvole specifiche.

Le valvole venose sono tasche endoteliali che presentano una faccia concava che guarda verso la parete del vaso e una convessa che guarda verso il lume: si trovano in coppia e assumono la forma di un nido di rondine. La presenza delle valvole è fondamentale quando arriva il flusso di sangue, perché il vaso si distende e la valvola si chiude grazie al riempimento di sangue all’interno dei due lembi. La chiusura e l'apertura delle valvole segmenta tutta la colonna del vaso in modo da facilitare la spinta verso l'alto in maniera unidirezionale, impedendo il flusso retrogrado.

Oltre alle valvole ci sono altri meccanismi fisiologici che aiutano il ritorno venoso come la pompa respiratoria: durante l’inspirazione si ha l’espansione della gabbia toracica che riduce la pressione intratoracica e aiuta a risucchiare il sangue al cuore, mentre durante l'espirazione la risalita del diaframma facilita il riempimento delle vene a livello addominale preparandole alla spremitura nella successiva inspirazione.

Inoltre, la contrazione muscolare attorno ai vasi aiuta nella risalita del sangue, poiché le vene vengono schiacciate e il sangue viene pompato verso l'alto, ma soprattutto a livello degli arti inferiori durante la deambulazione è fondamentale l’effetto della pompa plantare. Infatti, il piede, nell’appoggio sul terreno, spinge il sangue verso l’alto. La spinta ritmica viene ridotta sensibilmente dai tacchi alti nelle donne e dalle calze strette, ma soprattutto dall’eccessiva sedentarietà.


2. Che cosa si intende per insufficienza venosa?

L'insufficienza venosa è una vasculopatia cronica, che colpisce gli arti inferiori ed è caratterizzata da un’alterazione del ritorno venoso che provoca pesantezza ed una serie di alterazioni cutanee. La manifestazione clinica è variabile: si possono verificare alterazioni estetiche ma in genere asintomatiche, come le telengectasie, nonché le vene reticolari, le vene varicose, gli edemi, le alterazioni della pigmentazione, l’eczema, e la lipodermatosclerosi, fino alla comparsa gravi condizioni come l’atrofia e l’ulcerazione venosa.

L’insufficienza venosa è un problema medico relativamente comune e i fattori di rischio che ne facilitano la comparsa includono l'avanzare dell'età, la storia familiare, la posizione eretta prolungata, l'obesità, il fumo, lo stile di vita sedentario, il trauma degli arti inferiori, la precedente trombosi venosa, alti livelli di estrogeni e la gravidanza. Tutte queste condizioni a lungo termine possono infatti determinare la comparsa di incontinenza valvolare a causa dell’eccessiva tensione a cui le valvole sono sottoposte. La valvola incontinente non blocca più il flusso retrogrado determinando rigurgito, con possibile insorgenza ipertensione venosa che può determinare tutte le condizioni sopracitate. In alternativa, in caso di ostruzione o compressione del sistema venoso profondo il sangue viene dirottato al circolo superficiale che non è in grado di ospitare tutto il sangue, determinando anche in questo caso la comparsa di ipertensione venosa.

I pazienti, quindi, si recano dal medico lamentando in genere la comparsa di disagio, pesantezza, crampi, edema, vene varicose, alterazioni della pigmentazione o ulcerazioni della pelle.

L’edema si forma a causa dell’aumento pressorio, che a questo livello determina il passaggio dei liquidi dai vasi all’interstizio, soprattutto dopo aver mantenuto la stazione eretta a lungo.

Le vene varicose si formano, invece, a causa dello sfiancamento della parete: i vasi appaiono dilatati, sporgenti e si fanno più superficiali, diventando progressivamente più tortuosi e ingranditi. I soggetti con vene varicose sono spesso asintomatici, ma preoccupati per l'aspetto estetico delle loro gambe.

I cambiamenti cutanei includono l’iperpigmentazione della pelle, dovuta al deposito di emosiderina, la lipodermatosclerosi, a causa dell’infiammazione del grasso sottocutaneo, la dermatite da stasi e l’ulcerazione venosa, in genere superficiale.

Per fare la diagnosi di insufficienza venosa è fondamentale l’anamnesi e l’esame fisico, sia in stazione eretta che in clinostatismo. Gli esami diagnostici utilizzati comprendono l’ecografia ed eventualmente l’esecuzione di una TC o di una risonanza magnetica. Il test di Brodie-Trendelenburg è utile per distinguere il reflusso profondo per compressione o ostruzione, dal reflusso superficiale per incontinenza valvolare: il soggetto si sdraia e la gamba viene sollevata per svuotare le vene, si posiziona poi un laccio emostatico o si opera una compressione manuale sulle vene superficiali e viene chiesto al paziente di rialzarsi. Se avviene prontamente il riempimento delle vene varicose, il problema è a carico del sistema profondo e verosimilmente è di origine ostruttiva o compressiva.


3. Qual è il trattamento dell’insufficienza venosa?

Tutti i pazienti con segni e sintomi di insufficienza venosa devono essere inizialmente trattati con una gestione conservativa, tramite l’applicazione delle calze elasto-compressive. Dovrebbero essere incoraggiate anche modifiche dello stile di vita al fine di ridurre il rischio, come la riduzione del peso in un paziente obeso, l'esercizio regolare di camminata e la cessazione del fumo.

Le calze elasto-compressive forniscono una compressione esterna graduale alla gamba al fine di contrastare le forze idrostatiche dell'ipertensione venosa. Nonostante la loro efficacia clinica, ci sono molte limitazioni tra cui difficoltà di applicazione (fragilità o artrite), vincoli fisici (obesità, dermatite da contatto, pelle tenera, fragile o piangente) e insufficienza arteriosa coesistente.

La terapia medica si avvale dei farmaci venoattivi per il trattamento delle vene varicose sintomatiche, del gonfiore delle caviglie e delle ulcere venose, in quanto migliorano il tono venoso e la permeabilità capillare. Tra questi, i farmaci più promettenti sono le saponine e i gamma-benzopireni (come rutosidi, diosmina ed esperidina). La pentossifillina, invece, è un farmaco che ha come bersaglio il rilascio di citochine infiammatorie, l'attivazione dei leucociti e l'aggregazione piastrinica a livello microcircolatorio: viene solitamente usato in combinazione con la compressione per accelerare la guarigione delle ulcere venose.

In caso di mancato successo con terapia medica, e spesso per motivi estetici, ci si può avvalere della legatura chirurgica per l’escissione delle grandi vene varicose. Negli ultimi dieci anni, tuttavia, la chirurgia è stata ampiamente soppiantata dalla scleroterapia, una tecnologia percutanea meno invasiva che utilizza sostanze chimiche irritanti inoculate nelle vene varicose al fine di chiuderle, e dall’ablazione termica endovenosa, in cui si utilizza un generatore di calore che provoca danni termici locali alla parete venosa portando a trombosi e fibrosi.

Infine, in caso di incompetenza valvolare si può ricorrere alla ricostruzione chirurgica delle valvole, mediante apposizione di un segmento di valvola della vena brachiale o ascellare sulla vena con valvole incompetenti.


4. Che cosa si intende per fragilità capillare?

La fragilità capillare è una condizione caratterizzata dalla tendenza dei capillari sanguigni a rompersi o a lasciare fuoriuscire il sangue in modo eccessivo. È un fenomeno che coinvolge principalmente i capillari superficiali della pelle, delle mucose e delle membrane sierose, ma può interessare anche i capillari degli organi interni. La fragilità capillare si manifesta con la comparsa di macchie emorragiche puntiformi più o meno estese (petecchie, ecchimosi ed ematomi), soprattutto sul viso e sulle gambe.

Può essere causata da una serie di fattori, che includono predisposizione genetica, invecchiamento, malattie sottostanti e stili di vita poco salutari. Una delle cause principali è rappresentata da alterazioni strutturali delle pareti dei capillari, come la perdita di elasticità e l'indebolimento dei componenti che ne assicurano la resistenza.

Tra gli altri fattori che contribuiscono alla fragilità capillare vi sono carenze nutrizionali come la mancanza di vitamina C, vitamina K, bioflavonoidi e collagene. Anche malattie croniche come l'ipertensione, il diabete e l'aterosclerosi possono aumentare il rischio di fragilità capillare.

I capillari sanguigni svolgono un ruolo vitale nel trasporto di ossigeno e sostanze nutritive ai tessuti e nell'eliminazione dei prodotti di scarto metabolico, grazie alla loro sottile e permeabile parete che consente gli scambi tra sangue e tessuti. Tuttavia, quando i capillari diventano fragili, le loro pareti possono rompersi più facilmente, causando emorragie e lividi. Inoltre, la perdita di elasticità delle pareti capillari può portare a un flusso sanguigno inefficiente e alla formazione di microtrombi.


5. Cosa fare in caso di fragilità capillare?

Nel trattamento della fragilità capillare, è importante anzitutto identificare e trattare le condizioni sottostanti che possono contribuire alla fragilità capillare, come l'ipertensione o il diabete. Inoltre, una corretta alimentazione ricca di nutrienti come vitamina C, vitamina K, bioflavonoidi e collagene - presenti soprattutto in frutti di bosco, ciliegie, prugne, succo d’uva, agrumi e thè verde - può favorire la salute dei capillari.

In alcuni casi, possono essere raccomandate terapie locali al fine di rafforzare la parete dei vasi, come l'applicazione topica di creme o gel contenenti sostanze come l'escina, l'ippocastano o la centella asiatica.

Inoltre è fondamentale modificare il proprio stile di vita al fine di migliorare la salute dei capillari: l'esercizio fisico regolare può favorire la circolazione sanguigna e la salute vascolare in generale, così come evitare esposizione al sole e utilizzo di abbronzanti artificiali può aiutare a proteggere i capillari dalla dannosa radiazione ultravioletta.

È di vitale importanza anche evitare l'abuso di alcol e il fumo, poiché queste abitudini possono danneggiare il sistema circolatorio e aumentare il rischio di fragilità capillare.


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