Medicina

LA MALATTIA DI ALZHEIMER

Alzheimer
Amiloide
Tau
Demenza
Memoria
Giorgio Sciarra

29/09/2023

1. Che cosa si intende per malattia di Alzheimer?

2. Quali sono i fattori determinanti della malattia di Alzheimer?

3. Qual è la presentazione clinica della malattia di Alzheimer?

4. Come fare diagnosi di malattia di Alzheimer?

5. Esiste una terapia per la malattia di Alzheimer?

6. La gestione del malato di Alzheimer


1. Che cosa si intende per malattia di Alzheimer?

La malattia di Alzheimer è una patologia neurodegenerativa progressiva che colpisce il cervello e provoca un declino cognitivo e funzionale, noto come demenza. La demenza è un disturbo delle funzioni intellettive, caratterizzato dalla compromissione della memoria a breve e a lungo termine e di almeno una delle funzioni corticali superiori (pensiero, capacità critica, linguaggio e orientamento), in assenza di alterazioni dello stato di coscienza e con significativa interferenza nell’ attività lavorativa e nelle relazioni interpersonali.

Nell’anziano spesso si verifica la perdita di qualche funzione cognitiva, ma senza che si sviluppi la demenza. Infatti la demenza si instaura in seguito a fenomeni degenerativi che coinvolgono le strutture associative della corteccia cerebrale e dei nuclei della base, determinando disturbi in prevalenza cognitivi e spesso, tardivamente motori, neuropsichiatrici e comportamentali.

La malattia di Alzheimer rappresenta la più frequente forma di demenza: colpisce più di 30 milioni di individui nel mondo, circa 1 milione in Italia, con una prevalenza stimata che triplicherà in 40 anni. Il primo caso di malattia di Alzheimer descritto è quello di Auguste Deter, che risiedeva a Monaco, dove operava come neuropatologo Alois Alzheimer che per primo descrisse questo caso nel 1907 in una rivista medica tedesca: ad ogni domanda (‘Dove vivi? Quando sei nata?’), la paziente rispondeva ‘Auguste’.


2. Quali sono i fattori determinanti della malattia di Alzheimer?

L’eziologia precisa di questa patologia non è ancora acclarata in modo definitivo. Esistono forme geneticamente determinate da mutazioni nel DNA che hanno un esordio giovanile, e forme sporadiche dell’età anziana che si manifestano quando il cervello diventa più vulnerabile.

Per quel che riguarda la causa della comparsa di questa patologia si pensa all’accumulo di sostanza tossiche che determinano nel tempo la morte cellulare da parte del cervello e dell’organismo, a causa di una perdita di efficacia di qualche meccanismo metabolico o difensivo, che si manifesta nell’età avanzata.

Infatti, la malattia di Alzheimer si caratterizza a livello encefalico per la presenza di atrofia cerebrale, placche senili e grovigli neurofibrillari. I grovigli neurofibrillari si ritrovano all’interno dei neuroni e sono costituiti principalmente da proteina tau, che decorre lungo gli assoni e serve al trasporto assonale. Tuttavia, quando si accumula all’interno dei neuroni svolge un’azione tossica nei confronti della cellula inducendo la morte cellulare. Le placche senili, invece, si trovano all’esterno dei neuroni e sono costituiti dalla proteina beta-amiloide, la quale favorisce l’accumulo di proteina tau a livello della cellula e sembra svolga diversi ruoli chiave nella patologia (ruoli che tuttavia non sono stati ancora compresi in modo definitivo).

I fattori di rischio associati alla comparsa della malattia di Alzheimer sono principalmente l’età avanzata, il sesso femminile, pregressi traumi cranici e storia familiare di demenza. Mentre i fattori che sembra possano diminuire il rischio di malattia di Alzheimer sono un elevato livello di istruzione, probabilmente perché le persone più istruite sono quelle che hanno una maggiore riserva cognitiva (numero di neuroni e sinapsi) di partenza, e l’uso cronico di farmaci antinfiammatori o estrogeni.


3. Qual è la presentazione clinica della malattia di Alzheimer?

La presentazione clinica della malattia di Alzheimer varia in base alla gravità dei sintomi e alle caratteristiche dell'evoluzione. Infatti, nella fase iniziale i sintomi sono leggeri e spesso trascurabili: la persona può sperimentare lievi e transitori problemi di memoria a breve termine, come dimenticare nomi o appuntamenti, ma la funzionalità quotidiana è generalmente mantenuta, anche se possono verificarsi difficoltà nella pianificazione e nell'organizzazione e, in alcuni casi, i soggetti possono sperimentare disorientamento temporale e spaziale, difficoltà nel trovare le parole giuste e cambiamenti emotivi lievi.

Nella fase intermedia, invece, i sintomi diventano più evidenti e influenzano significativamente la vita quotidiana: la memoria a breve e lungo termine è compromessa in modo più evidente, si verificano difficoltà nell'eseguire compiti comuni, come vestirsi o preparare il cibo e possono insorgere problemi di comunicazione e agitazione o irritabilità.

Infine, nella fase avanzata si verifica un importante deterioramento cognitivo e funzionale: le persone possono avere difficoltà a riconoscere familiari e amici, possono essere completamente disorientate rispetto a tempo e luogo, possono perdere la capacità di comunicare verbalmente e la loro funzionalità fisica può decadere, necessitando una cura costante.

Riassumendo, quindi, le manifestazioni cliniche possono includere:

  • Problemi di memoria: difficoltà a ricordare informazioni recenti, come nomi, date ed eventi
  • Disorientamento: confusione riguardo al tempo, al luogo e alle persone
  • Problemi di linguaggio: difficoltà a trovare le parole, a seguire una conversazione ed a comprendere il linguaggio, fino all’afasia completa
  • Difficoltà nella risoluzione di problemi: incapacità di eseguire compiti complessi o di risolvere problemi
  • Cambiamenti comportamentali: questi possono includere agitazione, irritabilità, depressione, ansia, comportamenti socialmente inappropriati e alterazioni della personalità
  • Perdita di abilità motorie: difficoltà nella mobilità, nell'igiene personale e nel controllo degli organi
  • Perdita di interesse e coinvolgimento sociale: ritiro progressivo dalle attività sociali e dagli hobby.

In moltissimi casi si hanno quadri misti, in cui alla malattia di Alzheimer si associano altre forme di demenza, come la malattia cerebrovascolare cronica, forme di parkinsonismo e forme neuropsichiatriche.


4. Come fare diagnosi di malattia di Alzheimer?

La diagnosi della malattia di Alzheimer può essere complessa e richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga un neurologo o uno specialista in malattie cognitive. Il processo diagnostico inizia con una valutazione clinica dettagliata, in cui il medico raccoglierà informazioni sulla storia medica del soggetto e della sua famiglia, allo scopo di individuare eventuali fattori di rischio genetici, analizzerà i sintomi attuali e la loro progressione nel tempo ed effettuerà anche l’esame obiettivo ed esami del sangue, per escludere altre condizioni mediche che potrebbero causare sintomi simili.

Si possono poi condurre test neuropsicologici per valutare le funzioni cognitive del soggetto, comprese le abilità di memoria, linguaggio, attenzione e capacità di problem solving. Ne esistono diversi, ma il più utilizzato - soprattutto nella fase iniziale - è il Mini Mental State Examination. Gli esami di imaging cerebrale, come la tomografia computerizzata (TC) o la risonanza magnetica (RM), possono essere utilizzati per rilevare cambiamenti strutturali nel cervello e per escludere altre cause di declino cognitivo. In alcune situazioni, inoltre il medico può decidere di effettuare una puntura lombare per un prelievo di liquido cerebrospinale al fine di cercare biomarcatori di Alzheimer, come la proteina beta-amiloide o la proteina tau.

Tuttavia, per confermare la diagnosi può essere necessario un monitoraggio dell’andamento e della progressione dei sintomi poiché non esistono test specifici per rilevare la malattia, che può essere definita con certezza solo in fase autoptica.


5. Esiste una terapia per la malattia di Alzheimer?

Attualmente non esiste una cura per la malattia di Alzheimer, ma esistono diverse opzioni terapeutiche volte a rallentare la progressione della malattia, migliorare la qualità della vita dei pazienti e la gestione dei sintomi.

I farmaci approvati per il trattamento dei sintomi dell'Alzheimer sono:

  • Gli inibitori dell'acetilcolinesterasi: farmaci come il donepezil, la galantamina e la rivastigmina possono aiutare a migliorare temporaneamente la funzione cognitiva e la memoria. Questi farmaci agiscono aumentando la disponibilità dell'acetilcolina, un neurotrasmettitore coinvolto nelle funzioni cognitive
  • La memantina: è un farmaco che può essere utilizzato, da solo o in combinazione con gli inibitori dell'acetilcolinesterasi, per il trattamento dei sintomi moderati o gravi dell'Alzheimer. La memantina agisce riducendo i livelli di glutammato, un altro neurotrasmettitore, e preservando così l’attivazione fisiologica necessaria all’apprendimento e alla memoria.

In presenza di disturbi psichiatrici o comportamentali con sintomi di dispercezione, alterazione del pensiero, dell’umore o del comportamento si utilizzano gli antiepilettici, gli stabilizzanti dell’umore o i neurolettici atipici. Tuttavia, la somministrazione di questi farmaci è indicata per periodi non superiori a due mesi in quanto nei soggetti anziani aumenta il rischio di reazioni avverse.

In tutto il mondo sono in corso studi alla ricerca di nuove terapie, con lo scopo di trovare una cura definitiva, che hanno come bersaglio la proteina beta-amiloide e la proteina tau.


6. La gestione del malato di Alzheimer

La gestione del malato di Alzheimer è estremamente complessa e necessità di un’assidua presenza di familiari, caregiver (persona che presta assistenza quotidiana ad un soggetto) e sanitari, soprattutto nelle fasi più avanzate di declino fisico e cognitivo. Tipicamente nella fase iniziale, quando è presente ancora un certo grado di autonomia, le disattenzioni sono all’ordine del giorno e possono provocare anche gravi problemi.

Con il passare del tempo, il malato non può più essere lasciato da solo, in quanto non è in grado di badare a sé stesso. Alcune volte può tornare la consapevolezza, che determina la comparsa di sgomento per la propria condizione e contribuisce ad alterare l’emotività del soggetto. Pertanto sia per il paziente che per i familiari, spesso è necessario un supporto psicologico per affrontare l'impatto emotivo dell'Alzheimer e per imparare a gestire la malattia in modo efficace.

In casi avanzati, quando i caregiver non possono più gestire le esigenze del paziente a casa, l'assistenza in una struttura di cura specializzata, come una casa di riposo o una struttura per la cura della demenza, può diventare necessaria.


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